Alive – La forza della vita.
Video Mediaset
Mariano Balbina: trasmissione televisiva del 11 giugno 2015
07/10/2011 – L’Unione Sarda: Cronache dalla Sardegna – Cagliari
L’Unione Sarda
«Mi ha salvato mio figlio»
«Per un mese intero è stata notte fonda. Ero in coma. Avevo la testa in pezzi e la spalla sbriciolata, sì, proprio come avevano scritto i medici nel referto: sbriciolata . Del mio viso era rimasto poco. Mascella, denti, naso, arcate, zigomi, fratture ovunque, centinaia. Grazie alle placche di titanio mi hanno ridato un volto, più o meno come era prima. È stata durissima. Avevo perso trenta chili. Ho subìto dieci interventi chirurgici. Ho reimparato a camminare come un bambino, a mangiare, a parlare, a far funzionare il cervello. Tutto il sistema era in tilt. Ho lottato duramente, volevo farcela a tutti i costi. Ho pensato a mio figlio, lo volevo conoscere, è nato tre mesi dopo l'incidente, oggi ha sei anni. La settimana scorsa l'ho accompagnato per il suo primo giorno a scuola, mi sono commosso. È lui che mi ha salvato, Ruben. Emma e io l'abbiamo chiamato così in onore del grande pianista cubano Ruben Gonzalez».
IL RITORNO ALLA VITA A luglio scorso Mariano Balbina ha dato una festa per gli amici. Si celebrava il suo ritorno alla vita dopo sei anni di inferno. Cagliaritano, 51 anni, è uscito dall'incubo soltanto alcuni mesi fa, quando, dopo un recupero faticoso ma costante, «improvvisamente si è riaccesa la luce», racconta. «È come se si fossero spalancate le porte del cervello, come se avessi riconquistato sentimenti, coscienza, consapevolezza. Mi sono riconnesso con la vita».
UN VOLO DI 30 METRI Lo davano per morto, nel marzo 2005. Con l'amico Paolo Mulas di Gavoi aveva appena concluso un'escursione nella Barbagia di Ollolai, sul monte Pitzuri, per completare un lavoro monumentale e originale, un libro sulle cascate sarde: tutte, anche le più nascoste e inaccessibili. Ciò che è successo sulla via del ritorno non lo sa neppure lui. Né il suo amico Paolo: «Mi sono girato e Mariano non c'era più», ha raccontato dopo l'incidente. Balbina era finito trenta metri più giù, si era sfracellato contro una roccia, battendo le spalle e la testa. Forse un piede in fallo, forse un attimo di disattenzione: non ricorda niente. «Il mio cervello ha cancellato tutto. Paolo ha pensato che fossi morto».
UN ESPLORATORE Se c'è un re del trekking nell'Isola selvaggia, quello è lui. Balbina non è un semplice escursionista. Da anni batte le piste più segrete, i sentieri più impervi, come un vero esploratore. Scrupoloso e preparato, con la sua associazione “L'Altra Sardegna” ha fatto conoscere a migliaia di appassionati i tesori di un ambiente unico (l'affetto, gli amici, glielo hanno dimostrato in questi anni, ma anche quando, in duecento, hanno affollato la sala d'attesa dell'ospedale Brotzu dopo l'incidente): non si è mai limitato agli aspetti naturalistici, ha allargato gli orizzonti alle tradizioni, alla cultura, alla gastronomia. Ha insegnato, ha tenuto corsi nei master universitari, ha tracciato itinerari, aperto nuovi sentieri (è stato per anni anche collaboratore dell' Unione Sarda). UN VIAGGIO NEL DOLORE Il suo percorso più impervio l'ha affrontato negli ultimi sei anni: «Ho fatto un viaggio nel dolore. Ho vissuto la mia via crucis. All'ospedale Brotzu, nel reparto maxillo-facciale del dottor Pettograsso, a Bologna dove sono stato operato agli occhi, al Centro per grandi traumatizzati di Ferrara. Ho sofferto, pianto, mi sono sentito umiliato. Accanto a me tante persone disperate e sofferenti. Spesso dicevo a Emma: se divento un vegetale fammi morire ». Emma, psicologa del lavoro, è la moglie di Balbina. «Era al sesto mese di gravidanza quando ho avuto l'incidente. È stata un leone, devo tutto a lei. Mi hanno aiutato anche i miei suoceri, gli amici. Non mi sono mai rassegnato. Dovevo vivere per veder crescere mio figlio Ruben». Gli occhi di Mariano si velano di pianto: «Scusa - dice - mi commuovo ogni volta che ne parlo ».
PISCHINA URTADDALA Il re del trekking è davvero tornato. Anche sul campo. Ha ripreso a marciare avanti e indietro, ha ricominciato a usare le corde per superare canyon e crepacci, ora vuole organizzare l'attraversata delle creste del monte Arcuentu. «Quando ero ricoverato a Ferrara - immobile sul lettino, mangiavo con difficoltà, pesavo 50 chili - guardavo fuori dalla finestra e vedevo un campo di pere. Pensavo: non vedrò più la gola di Gorropu, la mia amata Pischina Urtàddala, nel supramonte di Urzulei, dove Salvatore Mereu ha girato la scena di sesso tra il pastore e la turista nel film “Ballo a tre passi”. O Bacu 'e s'orruargiu, nel Supramonte di Baunei, uno dei luoghi più selvaggi di tutta la Sardegna, un gigantesco arco di roccia e un boschetto di tassi che vivono grazie allo stillicidio di acqua che proviene dalle pietre».
L'AMORE PER L'AVVENTURA La voglia di vivere, il desiderio di abbracciare il figlio. Ma anche l'amore per la sua terra. «È stata una spinta importante. Anche questo pensiero ha contribuito a tenermi appeso al mio filo di vita. Fin da ragazzo gli amici mi dicevano:Mariano, dove ci porti domenica? Mi sento addosso lo spirito dell'esploratore. Anche se non bisogna dimenticare che quando si arriva in un posto, anche lontano dal mondo, qualcuno c'è già stato prima di noi: penso ai pastori, straordinari conosc[/pane] [/accordion]itori della nostra terra. Quando vado a Sedda Arbacas, a Urzulei, so che prima di me quei paesaggi erano la casa di Tziu Natteddu che percorreva i sentieri con le scarpe in pelle da pastore. Spesso noi non scopriamo niente, ma possiamo fare molto diffondendo la conoscenza di una natura unica».
IL VISO RICOSTRUITO Gli stanno tornando le forze, l'entusiasmo è già rinato, è di nuovo viva la passione che sa trasmettere quando accompagna gli escursionisti a scoprire una cascata, un albero millenario, una vecchia area mineraria. «Miglioro ogni giorno che passa. Mi sento come una condotta idrica che è rimasta intasata, ora l'acqua fluisce di nuovo impetuosa. Sto ritornando alla vita. La vista deve ancora migliorare, è vero mi hanno rifatto il viso ma con qualche ammaccatura sono sempre io. Anche i ricordi più brutti fanno meno male. In ospedale, dopo l'incidente, avevo gli occhi e la bocca suturati per le ferite, ero davvero più morto che vivo. Ma sentivo benissimo, anche se i medici non lo sapevano. Così li ho sentiti dire: non date niente a Balbina, non supererà la notte» . La notte di Mariano, quella di dolore e fatica, fortunatamente è finita. A luglio ho organizzato una festa per dire a tutti gli amici: «Scusatemi per tutti questi anni, spesso non c'ero con la testa, la memoria andava e veniva. Ma adesso sono tornato. Con le placche di titanio al posto delle ossa che si sono sbriciolate, ma sono io».
di LELLO CARAVANO
«Per un mese intero è stata notte fonda. Ero in coma. Avevo la testa in pezzi e la spalla sbriciolata, sì, proprio come avevano scritto i medici nel referto: sbriciolata . Del mio viso era rimasto poco. Mascella, denti, naso, arcate, zigomi, fratture ovunque, centinaia. Grazie alle placche di titanio mi hanno ridato un volto, più o meno come era prima. È stata durissima. Avevo perso trenta chili. Ho subìto dieci interventi chirurgici. Ho reimparato a camminare come un bambino, a mangiare, a parlare, a far funzionare il cervello. Tutto il sistema era in tilt. Ho lottato duramente, volevo farcela a tutti i costi. Ho pensato a mio figlio, lo volevo conoscere, è nato tre mesi dopo l'incidente, oggi ha sei anni. La settimana scorsa l'ho accompagnato per il suo primo giorno a scuola, mi sono commosso. È lui che mi ha salvato, Ruben. Emma e io l'abbiamo chiamato così in onore del grande pianista cubano Ruben Gonzalez».
IL RITORNO ALLA VITA A luglio scorso Mariano Balbina ha dato una festa per gli amici. Si celebrava il suo ritorno alla vita dopo sei anni di inferno. Cagliaritano, 51 anni, è uscito dall'incubo soltanto alcuni mesi fa, quando, dopo un recupero faticoso ma costante, «improvvisamente si è riaccesa la luce», racconta. «È come se si fossero spalancate le porte del cervello, come se avessi riconquistato sentimenti, coscienza, consapevolezza. Mi sono riconnesso con la vita».
UN VOLO DI 30 METRI Lo davano per morto, nel marzo 2005. Con l'amico Paolo Mulas di Gavoi aveva appena concluso un'escursione nella Barbagia di Ollolai, sul monte Pitzuri, per completare un lavoro monumentale e originale, un libro sulle cascate sarde: tutte, anche le più nascoste e inaccessibili. Ciò che è successo sulla via del ritorno non lo sa neppure lui. Né il suo amico Paolo: «Mi sono girato e Mariano non c'era più», ha raccontato dopo l'incidente. Balbina era finito trenta metri più giù, si era sfracellato contro una roccia, battendo le spalle e la testa. Forse un piede in fallo, forse un attimo di disattenzione: non ricorda niente. «Il mio cervello ha cancellato tutto. Paolo ha pensato che fossi morto».
UN ESPLORATORE Se c'è un re del trekking nell'Isola selvaggia, quello è lui. Balbina non è un semplice escursionista. Da anni batte le piste più segrete, i sentieri più impervi, come un vero esploratore. Scrupoloso e preparato, con la sua associazione “L'Altra Sardegna” ha fatto conoscere a migliaia di appassionati i tesori di un ambiente unico (l'affetto, gli amici, glielo hanno dimostrato in questi anni, ma anche quando, in duecento, hanno affollato la sala d'attesa dell'ospedale Brotzu dopo l'incidente): non si è mai limitato agli aspetti naturalistici, ha allargato gli orizzonti alle tradizioni, alla cultura, alla gastronomia. Ha insegnato, ha tenuto corsi nei master universitari, ha tracciato itinerari, aperto nuovi sentieri (è stato per anni anche collaboratore dell' Unione Sarda). UN VIAGGIO NEL DOLORE Il suo percorso più impervio l'ha affrontato negli ultimi sei anni: «Ho fatto un viaggio nel dolore. Ho vissuto la mia via crucis. All'ospedale Brotzu, nel reparto maxillo-facciale del dottor Pettograsso, a Bologna dove sono stato operato agli occhi, al Centro per grandi traumatizzati di Ferrara. Ho sofferto, pianto, mi sono sentito umiliato. Accanto a me tante persone disperate e sofferenti. Spesso dicevo a Emma: se divento un vegetale fammi morire ». Emma, psicologa del lavoro, è la moglie di Balbina. «Era al sesto mese di gravidanza quando ho avuto l'incidente. È stata un leone, devo tutto a lei. Mi hanno aiutato anche i miei suoceri, gli amici. Non mi sono mai rassegnato. Dovevo vivere per veder crescere mio figlio Ruben». Gli occhi di Mariano si velano di pianto: «Scusa - dice - mi commuovo ogni volta che ne parlo ».
PISCHINA URTADDALA Il re del trekking è davvero tornato. Anche sul campo. Ha ripreso a marciare avanti e indietro, ha ricominciato a usare le corde per superare canyon e crepacci, ora vuole organizzare l'attraversata delle creste del monte Arcuentu. «Quando ero ricoverato a Ferrara - immobile sul lettino, mangiavo con difficoltà, pesavo 50 chili - guardavo fuori dalla finestra e vedevo un campo di pere. Pensavo: non vedrò più la gola di Gorropu, la mia amata Pischina Urtàddala, nel supramonte di Urzulei, dove Salvatore Mereu ha girato la scena di sesso tra il pastore e la turista nel film “Ballo a tre passi”. O Bacu 'e s'orruargiu, nel Supramonte di Baunei, uno dei luoghi più selvaggi di tutta la Sardegna, un gigantesco arco di roccia e un boschetto di tassi che vivono grazie allo stillicidio di acqua che proviene dalle pietre».
L'AMORE PER L'AVVENTURA La voglia di vivere, il desiderio di abbracciare il figlio. Ma anche l'amore per la sua terra. «È stata una spinta importante. Anche questo pensiero ha contribuito a tenermi appeso al mio filo di vita. Fin da ragazzo gli amici mi dicevano:Mariano, dove ci porti domenica? Mi sento addosso lo spirito dell'esploratore. Anche se non bisogna dimenticare che quando si arriva in un posto, anche lontano dal mondo, qualcuno c'è già stato prima di noi: penso ai pastori, straordinari conosc[/pane] [/accordion]itori della nostra terra. Quando vado a Sedda Arbacas, a Urzulei, so che prima di me quei paesaggi erano la casa di Tziu Natteddu che percorreva i sentieri con le scarpe in pelle da pastore. Spesso noi non scopriamo niente, ma possiamo fare molto diffondendo la conoscenza di una natura unica».
IL VISO RICOSTRUITO Gli stanno tornando le forze, l'entusiasmo è già rinato, è di nuovo viva la passione che sa trasmettere quando accompagna gli escursionisti a scoprire una cascata, un albero millenario, una vecchia area mineraria. «Miglioro ogni giorno che passa. Mi sento come una condotta idrica che è rimasta intasata, ora l'acqua fluisce di nuovo impetuosa. Sto ritornando alla vita. La vista deve ancora migliorare, è vero mi hanno rifatto il viso ma con qualche ammaccatura sono sempre io. Anche i ricordi più brutti fanno meno male. In ospedale, dopo l'incidente, avevo gli occhi e la bocca suturati per le ferite, ero davvero più morto che vivo. Ma sentivo benissimo, anche se i medici non lo sapevano. Così li ho sentiti dire: non date niente a Balbina, non supererà la notte» . La notte di Mariano, quella di dolore e fatica, fortunatamente è finita. A luglio ho organizzato una festa per dire a tutti gli amici: «Scusatemi per tutti questi anni, spesso non c'ero con la testa, la memoria andava e veniva. Ma adesso sono tornato. Con le placche di titanio al posto delle ossa che si sono sbriciolate, ma sono io».
di LELLO CARAVANO
L’UnioneSarda 7 ottobre 2011 Scarica l’articolo in PDF
Tg3 Persone: IL RE del Trekking
trasmesso domenica 8 maggio 2011
[kad_youtube url=”https://youtu.be/p0vCHcHP45E” ]
Tg3 Sardegna
del 3 maggio 2011